lunedì 25 gennaio 2016

Facciamo amicizia?

Da grandi è diffcile fare amicizia. Puoi contare sulla punta delle dita pochi, pochissimi amici veri.
Gli amici veri sono quelli che anche se vedi poco sono lì, fanno parte della tua catena d'amore, ti sorreggono quando serve, semplicemente ci sono.

Però si diventa grandi, magari non puoi uscire con la tua migliore amica quanto e come vorresti, mettici che hai pure un figlio piccolo, e questo basta per ridurre di molto la tua libertà, facile dire "bhe ma dai, lo lasci ed esci!" o ancora "bhe portatelo dietro no?". No.

1) si innescano dinamiche pesanti sui sensi di colpa, sia in un verso, sia nell'altro;
2) a volte vorresti perfino dimenticare chi sei e cosa sei diventata, perché ricordarmelo?
3) c'è un tempo per ogni cosa.

Va bhe, comunque non puoi fare come prima, anche se non hai un figlio al seguito, magari fate lavori diversi, magari siete in città diverse.

La mia professoressa di matematica delle medie, la cattivissima C. di natali partenopei, mi disse una volta che "esistono varie amicizie", quella per il cinema, quella per il teatro, quella per il caffè. Difficilmente troverai una persona che sia pari pari a te, più facile trovarne diverse con attitudini e abitudini simili.


Fatto sta che spesso mi ritrovo con Pedro e Ronnie a farmi una tisana, l'ho proposta a Damy ma con scarsi risultati. Allora pensavo, ed è stato un pensiero cretino...ora lo ammetto... "Damy andrà all'asilo, ti pare che non conosco nessuno di nuovo? Qualcuno di interessante là fuori, da aggiungere ai miei contatti dovrà pur esserci". No.

Ci sono stereotipi che non hanno nulla di simile a me. Sia solo un "buongiorno" quando ti incontro nell'atrio. Damiano va ad un asilo snob, popolato da gente snob/non-snob ma sciocca.

Quelle snob sono le autoctone, con il suv, il capello perfetto, che non salutano.
Quelle non snob-sciocche, non sono autoctone, hanno il capello un po' così (ma sempre meglio del mio): c'è quella di Tiburtino terzo, c'è quella del sud che malinconicamente parla della sua terra e ti elenca le malattie che crede possa avere la figlia perché qui non c'è il mare (come a casa sua, lì sì che si sta bene), e quella che tira fuori le tette per allattare pure quando si è alla dimostrazione di musica e i bambini ballano (il suo batteva il ritmo in orizzontale, appeso alla madre).

Insomma: la disperazione.


Anzi no, ho fatto amicizia con diversi nonni. Ecco, quelli sono simpatici e mi fanno tenerezza mentre cercano di spiegare ai nipoti che si devono mettere il cappello perché fuori fa freddo. I nonni dell'asilo snob sono brave persone, e sono simpatiche.

Ma guidano la Panda...bianca. Non c'è speranza







sabato 23 gennaio 2016

Di storie

Un blog è un'istantanea di quello che vuoi dire, ciò che pensi prende forma e lo spari al mondo, con parole che di getto butti giù.

Ci sono miliardi di blog nel mondo.
Il mio è uno dei tanti, nato per esigenze personali, si è trasformato ed è diventato una sorta di diario in cui annoverare i pensieri del momento, spesso tristi. Perché fondamentalmanete sono una "crepuscolare".

Tuttavia, dato che è vero che "Todo Cambia", vorrei modificare il mio o dargli una sorta di "linee guida", questo perché altrimenti risulta caotico, e senza senso, forse come me.

Allora mi sono domandata: "Ok, di che parliamo?" (perché quando mi rivolgo a me stessa lo faccio sempre al plurale, non per valore nobiliare ma perché parlo a me e alle mie tante sfaccettature, a Jacopa e all'omino del cervello). Risposta: "Non so".

Ci sono i blog delle "mamme felici", e non li sopporto. I blog "delle mamme" in genere non li tollero...e non perché sia contro la maternità, sia chiaro, ma perché non mi piacciono..."sono mamma, faccio questo, puoi farlo anche te, faccio quest'altro, puoi farlo anche te".

Un po' come quando vai dal parrucchiere, quello con tre spazzolate fa sembrare i tuoi capelli "domabili", poi vai a casa ec ol cavolo che riesci a rifare quella spazzolata che sembrava facile. Per cui, per partito preso, non posso far diventare il mio blog di questo tipo.

Che poi ci sarebbe ancora da dire...insomma io la mia maternità l'ho cercata, sudata e ora che ce l'ho che devo dire? che devo fare? devo mostrare al mondo che avere un figlio ti ripaga?

Anche no.

Preferisco fare quella contro-corrente. Forse proprio perché per arrivarci ho faticato tanto, o forse perché sono una ribelle-inside (solo inside e ben nascosta)...parlerò, come ho sempre fatto, della vita di una quasi 37-enne (passano gli anni eh?) mettendo in luce ciò che spesso gli altri non dicono della maternità, del lavoro autonomo, dell'essere moglie di uno che fa i turni, delle amicizie che cambiano, dell'insoddisfazione, della famiglia, degli animali.

In pratica, come al solito.

Parlare di cose tristi mi viene  più naturale che parlare di altro... ma sinceramente mi sarei anche un pochino.,. come dire...stufata.

Ma la vera domanda è, come sento alla radio da qualche giorno: Ora che hai scritto la storia della tua vita c'è qualcuno disposto ad ascoltarla?