mercoledì 7 dicembre 2016

GGGiovani d'oggi

Che i tempi siano cambiati è cosa evidente, che io mi senta come la "vecchia" maestra delle elementari invece no.
Lei era (ed è) una tipa secca con i capelli corti, a me sembrava avere 80 anni, ma visto che ancora campa beata e di anni ne sono passati circa 30...presumo ne avesse tra i 40 e i 50.
Si lamentava del nostro essere vivaci e una volta, mentre uscivamo di corsa dalla scuola per andare a prendere il pulmino giallo che ci aspettava, ci disse che dovevamo andare piano, che "insomma, quando cambierete?", "MAI!", urlai io mentre facevo a gara per arrivare prima degli altri. Il giorno dopo la suddetta seccarona si presenta in classe tutta inviperita, perché voleva sapere "chi" fosse stato a risponderle in quel modo...ora, io ho tanti difetti ma un pregio ce l'ho e me ne vanto, non sono capace di dire le bugie....rimasi come una poveretta atterrita. Inizialmente restai zitta, poi, di fronte alla possibilità che l'intera classe venisse messa in punizione, mi presi le giuste responsabilità e, ovviamente piangendo (strano...eh), dichiarai la mia colpa. La Maestra ci rimase un po' male...evidentemente l'avevo spiazzata, forse quello era un atteggiamento che non si addiceva alla ragazzina di città che si era trasferita al paesello...mi rimproverò e la cosa finì lì.

Ma ancora me lo ricordo... per cui credo che l'insegnamento sia arrivato.

Ho appena terminato una supplenza in un Liceo, a un quinto. L'esperienza di queste giornate mi ha portato a questa osservazione...che i tempi sono sì cambiati, ma in peggio.
Lo scorso anno ho rinunciato alla supplenza annuale dopo un mese. Perché era terribile... due soldi in tasca fanno comodo, è vero, ma  la dignità, la passione per le cose valgono molto di più.

"Professorè, posso annà a piscià?", "Oh Professorè che veni da Roma? Oh allora te chiamamo Romanetta", "professorè, non avemo fatto gnente fino a mò", "Professorè posso annà al bagno?"

Questo un piccolo spaccato. Affiancato dal collaboratore tecnico, o come si chiama, con cui avevo una conpresenza per due giorni a settimana (su 3) il quale, dopo aver detto "Oh, fate l'esercizio di pagina 3" si sedeva alla cattedra, apriva il Corriere delle Sport (on line) e si faceva gli affari propri. Io dovevo restare lì con lui...così cominciavo a girare tra i ragazzi per vedere se e cosa stessero facendo. Uno giocava, l'altro andava su internet, la maggior parte stava ricopiando il risultato finale del laboratorio senza fare di fatto l'esercizio.
Basita, sconvolta, al limite dell'incredulità ho iniziato a cercare di far comprendere... il tecnico scocciato dice "ma va bhe lui lascialo stare che è stato assente, dai oggi gioca ma la prossima volta fai qualcosa ok?". Il suddetto ragazzo era lo stesso della "pisciata", ragazzo con problemi in famiglia che aveva già superato il numero di assenze (aveva tipo 72 gg di assenza ed eravamo a dicembre).

LASSISMO. Io ho rinunciato. Per carità c'erano anche due o tre ragazzi che meritavano ma nella mandria del resto...si perdevano. E io semplicemente ho gettato la spugna. Lo scorso anno era un primo...parliamo di quindicenni, ed era un istituto tecnico.

Quest'anno, speravo in qualcosa di meglio...insomma uno Scientifico...quello che ai miei tempi era l'antagonista di quello dove andavo io, era quello più snob...

"Professorè, posso andare al bagno?" (alle 8:15). "Professorè fino a mo non avemo fatto gnente", "Professorè, posso andare in segreteria?", "professorè guardi che noi siamo indietro anche in Fisica eh, queste cose non le possiamo fare", "Professorè tanto se a scuola va male io vado a lavorare all'acciaieria che mio padre conta e mi fa entrare, cioè io il lavoro già ce l'ho eh".

Diciottenni del 2016. Saccenti, spocchiosi, irriverenti, ignoranti. La maggior parte dei ragazzi ha difficoltà a svolgere una frazione inversa, a capire cosa c'è scritto in un libro. I libri non si portano a scuola e spesso nemmeno si aprono. Che tanto che studiamo a fare? Ma il cellulare ce lo abbiamo, e abbiamo la faccia tosta anche di metterci a scherzare, a ripassare davanti al docente. Che evidentemente non ha polso. Esistono sempre tanti casi di DSA, "guarda, quelli sono certificati e i genitori sono molto pesanti, dammi retta, se non vuoi avere problemi, basta che gli metti 6". Questo mi è stato detto da una docente.

Questa è la situazione dei GGiovani. Si salva sempre qualcuno, in quest'ultima classe ce ne stavano diversi interessati ed attenti, ma il resto...

Questa è la situazione della scuola. Ripenso alla me bambina che correva per andare a prendere il pulmino... e penso che forse non ero molto diversa...o forse sì. Mi domando come verrà su mio figlio...se correrà troppo o se risponderà male, o, ancora, se soffrirà di problemi di incontinenza come questi ragazzi di oggi.

 Per fortuna porta ancora il pannolino.


sabato 5 novembre 2016

Settimana pesante

Settimana pesante.

Il lunedì avrebbe dovuto essere il campanello d'allarme, se hai un corso sul RSPP  dove il grado di intelligenza, di partecipazione, di interesse e altro è pari a zero già dovresti passare a domenica no? No. Lunedì pomeriggio, Damy andiamo al corso di inglese, a sentire le canzoni carine? "no mamma, non c'ho voJa". Altro campanello.

Evabbhe, lunedì finisce, confidiamo nel martedì. Martedì banale, lavoro, routine familiare solita. Mercoledì decido di andare a Roma a incontrare un Prof con il quale ho lavorato negli ultimi mesi, un vero Signore che volevo conoscere. Colazione con il mio caro amico Davide che non vedo da gennaio, due risate, due pensieri allegri. Non ho preso l'ombrello, a Roma non piove mai....per fortuna i venditori di ombrelli mi hanno salvato all'uscita della stazione. 5 euro che non ho avuto la decenza, la forza e il piglio di contrattare.

Università, luogo di tanti anni di studio...cavolo, ma è cambiato tutto... Fisica sembra un centro sociale. Mi fermano chiamandomi signora. Capisco che il mio sentirmi studentessa non rispecchia con l'aria goffa e anziana che evidentemente dimostro. Fuggo. Verso l'incontro con il Prof, diluvia e non mi ricordo nemmeno come si prende un tram... sono una burina provinciale, se ne accorge pure quello che mi vuole dare un volantino...che figura di merda. Prima di tornare a casa mi dedico qualche ora per me, per un po' di shopping (almeno quello mei ricordo come si fa).

Pomeriggio, Terni. Porto Damy dalla nonna giusto il tempo di prepare la valigia che domani si va a Milano. Sono le 18:50 lo vado  a prendere, leggiamo qualche storia sul divano, la cena è pronta. Il tempo di dire "Carina questa storia vero?" che TRRRRRR TERREMOTO. Mi precipito con Damy sotto al tavolo... lui mi parla sottovoce "mamma perché siamo sotto al tavolo?" , perché c'è il terremoto, dico. Ma ho il terrore negli occhi e lui credo che lo capisca o forse no. Sembra passato, arriva Andrea, che nel frattempo stava per prendere l'ascensore ma che invece fortunatamente prende le scale. Cena solo Damiano, a noi si è chiuso lo stomaco. Come faccio domani e dopodomani a lasciare casa? dopo il terremoto? e se lo rifà? Per la prima volta da quando è nato devo lasciarlo...e sono in paranoia. Bagnetto, canzoni, Andrea sta mettendo il pigiama azzurro a Damiano, io sono in camera TRRRRRR TERREMOTO, ci precipitiamo sotto la porta della camera di damy, mi chiede se sia ancora il terremoto, dico di sì...e vado in panico. Ansia, paura, ansia, paura, giro a vuoto per casa. Decido di andare a dormire da mia madre, che con noi deve venire anche mia suocera, che no, a Terni non la lasciamo. Alle 21 e rotti partiamo per casa di mia madre, è a piano terra e li si sente di meno il tremare bastardo. Mi addormento verso le 2 di notte, alle 6 la sveglia, che a Milano ci andiamo lo stesso. Andrea però mi promette che stare da mia madre, il nido è chiuso per sicurezza.

Giovedì Milano, con ritardo dei treni fino a 75 minuti. Cena con un mio caro amico ma il pensiero è fisso a chi ho lasciato a casa, e cosi questo giorno di libertà che mi pregustavo è stata un'angoscia continua. Venerdì torno e Damiano alla stazione mi abbraccia forte dicendo che gli sono mancata e che "sei tornata mamma!". Sabato ci svegliamo tardissimo, la mattina andiamo al villaggio di babbo natale, il pomeriggio alla libreria del cuore a sentire le fiabe, la sera festeggiamo nonna. Poi a casa. Poi una tosse continua...sembra laringospasmo, corri, prendi il cortisone, damiano piange e dice AHIA AHIA, corriamo al pronto soccorso, tutto ok "ha fatto bene a dargli il cortisone", aerosol. Prendiamo le medicine stanotte Andrea? che domani lavori e se sta male come faccio ad uscire con lui? Giusto.  Medicine alla farmacia notturna. Stanotte bisogna mettere l'ora nuova...andiamo a letto verso le 2:30. Il risveglio è terribile. TRRRRR TERREMOTO, scatto in piedi, prendo Damiano e mi metto sotto la porta, sento sbattere le cose, sembra terminare ma invece riprende più forte. Mi domando se finirà o se moriremo tutti tanto è violenta. Finisce. Andrea mi dice di stare calma ma sono completamente fuori di me. Siamo in pigiama tutti. Cambio Damiano, mi vesto, prendo la valigia, metto l'aerosol che lui deve fare la cura di cortisone, preparo tutto. Casa continua a tremare, sono caduti gli oggetti, le ante dell'armadio si sono aperte, i gatti non li trovo sono nascosti. Gli metto la pappa ed esco in strada. Andrea mi urla contro che gli metto ansia. Chiamo mia suocera, mi chiamano cento persone, rispondo a fatica.  Sono in strada, ho promesso a Damiano la colazione al bar. Incontriamo alcuni amici, facciamo colazione (lui, solo lui noi no). Vado da mia madre. Il pomeriggio siamo tornati a prendere i gatti. 

Abbiamo passato un paio di giorni anche con la famiglia del fratello di Andrea, tutti insieme, perché il terremoto spaventa, se ti sorprende di notte ancora di più. Non metto piede dentro casa da una settimana. Domani rientro ma ho paura.

Le immagini in televisione non rimandano la sensazione che si prova quando la terra sotto i piedi trema. Ve lo dico io... ti fa  saltare i nervi a tal punto che quando cammini, quando ti siedi, ti sembra sempre che stia per tremare forte tutto, di nuovo. Ma spesso è solo suggestione.  

Una volta una persona mi ha detto che siamo legati alla Terra più di quanto pensiamo. Quanta verità. E quanta paura.

Sto bene ma sono una corda di violino.

venerdì 21 ottobre 2016

search file

Baretto di via Treviso. Secondo tavolino a sinistra nella saletta posteriore del locale, quella lontano dalla confusione, rialzata di 3 gradini dalla sala centrale.

C'è una finestra in alto, entra la luce della primavera, sarà aprile o forse ancora marzo.

Hai gli occhiali che stanno tornando ad avere le lenti chiare, ci deve essere il sole fuori, la magia delle lenti fotocromatiche... hai la giacca sul grigio e la cravatta rossa. Hai poggiato qualcosa sul tavolino, forse le chiavi del dipartimento.

Sei davanti a me, la finestra è dietro, in alto.  Tiri su la gamba dei pantaloni prima di sederti, ti schiarisci la voce e mi chiedi come sia andata oggi.


Parliamo di cose del laboratorio, sto finendo di fare la tesi, e devo avere qualche problema con Tonino o con la vecchia...o forse non mi torna qualche misurazione. Prendi il pacchetto di grissini, quelli sottili, quelli torinesi che sono buoni, più buoni di quelli ciccioni.

Non ricordo cosa hai ordinato, sicuramente la cicoria all'agro, se ce l'hanno. Forse una tagliata, non importa. Ricordo quello che ci siamo detti dopo però. Ti ho detto che sabato con Andrea siamo andati a vedere i mobili per casa, così per farci un'idea...e che mi sono sentita soffocare, che mi sento angosciata, che forse non sono proprio pronta all'idea che un giorno andrò via da casa, di arredare con lui, di iniziare qualcosa con lui. Sorridi e mi dici che è normale, che "è la vita e che è giusto così", ne parliamo a lungo, credo sia stata la prima volta in cui  ti abbia detto esattamente come stavo, quello che sentivo, le preoccupazioni. Ero solita parlarne con mamma, te sapevi tutto ma attraverso di lei. Mi hai rassicurato, e ho sentito che era davvero giunto il momento di prendere decisioni, che presto le cose sarebbero cambiate, la fine dell'università, l'inizio del lavoro e l'inizio della mia vita con Andrea.



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Questo è un flash che è tornato a galla e che ho voluto scrivere, per tenerne traccia. Come se scrivendolo potesse tornare a vivere ancora un po'. Oggi c'è il sole  e mentre venivo in ufficio, in macchina, in radio hanno passato "Father and son" e in un secondo mi sono ritrovata seduta lì, davanti a mio padre. Con 25 anni addosso, e tante cose ancora da costruire, ma le basi erano buone e le fondamenta hanno retto. A distanza di più di 10 anni.

Mercoledì vado a Roma, voglio tornare nei luoghi che hanno accompagnato tanti anni felici, voglio tornare a calpestare strade fatte con il cuore leggero, ora posso riaffrontare i luoghi senza paura di provare dolore,con nostalgia ma anche con tanto amore. Perché nulla è andato perduto, e tante cose sono ancora da costruire, e se proprio devo dirla tutta ho  una memoria meravigliosa...






venerdì 14 ottobre 2016

Giorno dopo giorno...

Quella qui sotto sono io. Capello mezzo sistemato, unghie dipinte, pantalone nuovo, di quelli che "preferibilmente" vanno con il risvoltino, ma dato che mi sento imbecille non lo faccio, e così si vede il calzettone nero a pallini bianchi che ho sotto.

Scucchia, occhio triste. Naso importante. 

Io, che faccio finta di dire cose sensate.

Mi sono smontata da sola, non infierite ancora.

Sabato siamo andati a Castel San Pietro, per la premiazione del concorso. Quando ho preso in mano il libro ho sentito il peso di quelle parole, l'ho sentito perfettamente. Avevo le lacrime agli occhi... non riesco nemmeno a leggerlo, nemmeno una pagina... ma va bene lo stesso. Ora sarà mezzo e strumento per altri, per chi ne avrà bisogno. Il suo scopo con me l'ha già assolto, ha già fatto il suo lavoro. Ora è tempo che queste parole pesanti vengano in qualche modo liberate, per alleviare e sorreggere altri.

Ho ascoltato storie dolorose, storie che mi hanno commosso e mi sono entrate dentro. Altre, avevano la spocchia di chi si sente scrittore e capace di scrivere drammi non vissuti, poesie scritte con il cuore, poesie bellissime.

Un'arpa ha accompagnato la mattinata. 
Bello, bellissimo. Un sentirsi in famiglia... famiglia che tra le altre cose era con me quasi al completo.

Il mio, nostro, libro.
Abbiamo davvero chiuso un cerchio. Parlo al plurale perché lì dentro ci sono tante persone, tutti quelli che mi hanno accompagnato, sostenuto, incoraggiato, tutti lì... nelle lacrime che cadevano quando scrivevo i post più dolorosi, nella gioia di quando è spuntato l'arcobaleno.

Dire grazie ad ognuno è difficile, ognuno sa cosa, e quanto, ha fatto.

Un capitolo della mia vita chiuso. Ma che porto nel cuore e che per sempre sarà parte di me.
Forse anche di qualcuno di voi.

Domani è il 15 ottobre, baby loss.

Alle 19 accendete una candela, fatelo con un sorriso, perché l'amore tutto può, e la morte si supera sempre con la vita.
Il libro lo troverete cu CiaoLapo al più presto (se lo comprate lì la cifra va tutta a loro) se lo ordinate lo mandano anche nelle librerie, ma mi hanno detto che ancora non lo hanno messo in distribuzione.

GRAZIE di cuore a tutti.





martedì 4 ottobre 2016

Ottobre

Ottobre. Lo odio questo mese, chi mi legge lo sa bene. Il famoso mese della consapevolezza...

Mi viene una fitta allo stomaco. Una cenere ardente soffocata dalle parole.

Devo molto a CiaoLapo, è stata la tana in cui rifugiarsi, in cui trovare affetto, sostegno, calore e comprensione. Ma anche scontri con la realtà, il mio volere "riprovare" e il loro "aspetta, Silvia, Aspetta".

Il posto in cui tornare quando avevo bisogno di rintanarmi ancora. Il posto dove ho lasciato la mia vulnerabilità. Il 15 ottobre sarà la giornata mondiale dei bambini volati in cielo troppo presto, per chi non se lo ricorda, il giorno in cui accendere una candela alle 19, per creare un'onda di luce fino al cielo. Lo scorso anno l'ho passato in piazza, insieme ad altre me, a quelle più forti, a quelle più deboli. Quest'anno nella mia città non ci sarà alcuna attività, è stata organizzata in una vicino, però. Ho promesso di aiutare, di dare un contributo per quello che posso. Non sarò fisicamente presente però, complici alcuni impegni familiari e forse, anzi sicuramente quella fitta che sento partire...

Passo dei momenti in cui mi sento capace di spaccare il mondo, fortificata e consapevole io per prima, ad altri in cui vorrei solo scappare da tutto questo.

Ottobre...ottobre.

Non lo so perché. Forse il bisogno di accantonare. Di lasciare il passato al riparo, di non smuovere costantemente i ricordi dolorosi. All'esterno sembrerò una psicopatica. Per forza.

Sabato ci sarà la premiazione del concorso, a castel san pietro terme. Sabato vedrò il mio passato in formato tascabile, il peso di quelle parole distribuite ufficialmente al mondo.

Mi fa un effetto strano. Sento che sarà una dipartita per sempre del mio passato, di quei giorni carichi di lacrime. So anche che aiuteranno le nuove me che troveranno tane in cui nascondersi.

Non reggo la pressione del mio passato. Speriamo che con la liberazione di ciò che ero, riesca ad uscire dalla tana la Male-detta che ero. Che magari ci prendo un caffè e le dico di smetterla di farsi pippe mentali.

Dal vecchio blog. 31-ottobre-2012.





 

sabato 17 settembre 2016

tristezza

e come ogni volta, come ogni cazzo di volta, si riapre una voragine.

Odio piangere, odio stare male e ancor più vedere stare male chi amo. Eppure ogni volta succede e inevitabile la mente corre, galoppa con i ricordi e sebbene cerchi di schivarli ci finisco contro con tutta me stessa.

Oggi è una giornata di merda, chi non ha animali difficilmente potrà capire, anzi probabilmente questo sembrerà un post di una folle esaltata. Da oggi Pablo non è più con noi. Abbiamo avuto la fortuna di incontrarlo 8 anni fa, abbandonato vicino al casale di mio zio, sebbene provammo a cercare per lui una famiglia, lui aveva gia scelto con chi stare.

Un cane bellissimo, piccolo e arancione, con le orecchie a fagottino, dolce e rompicoglioni al punto giusto. Con il suo abbaiare improvviso che ti portava a rischiare l'infarto ogni volta e ad avere manie omicide nei suoi confronti. Era anziano, era malato, ma fa male sempre.

Mi fa male vedere S. e L. tristi, affranti...mi fa male sapere come stanno, mi fa male sapere che tornerò a casa dei miei e lui non scapperà dal cancello, e io non dovrò incazzarmi come ogni volta.

Più di una volta ho detto che ciò che oggi ci rompe domani potrebbe mancarci terribilmente, ecco Pablo era ed è anche questo. Con la sua scomparsa, se ne va l'ennesimo periodo, l'ennesimo capitolo di un libro drammatico e sentimentale che è la mia vita.

Gli voglio bene a Pablo, gliene voglio tanto...anche se spesso puzzava di uovo...e mi mancherà davvero molto. Oggi non è altro che una giornata triste, costellata di ricordi dolorosi...perché annessi a lui c'era il mio matrimonio, c'era l'ultimo natale con papà, c'era tanta vita insomma.

Io non so se esiste un paradiso per i cani, non so nemmeno se esiste per gli uomini... non so che fine fa la vita quando va via da un corpo, ma sono certa che non finisca, non può proprio. Sarebbe banale pensare che finisca tutto così, davvero dai cerchiamo di essere seri.

Sono triste, mi mancherà tutto quello che era prima. Sono cosi stanca di questo divenire di questo attendere...cosa?

Ma ho sempre voglia di vedere come andrà a finire, e poi, ho sempre ricordi bellissimi ad accompagnarmi, e forse, solo per questi e per quelli che arriveranno, vale la pena di sorridere.

Ciao Pablino.
Natale 2012. L'ultimo Natale al completo.


mercoledì 20 luglio 2016

come si fa?

Certi giorni sembra tutto difficile, che solo il pensiero delle cose le fa sembrare pesanti.

Questa mattina ho letto la storia di un bambino morto a soli 6 anni, i suoi genitori hanno donato gli organi, il bimbo è morto a seguito di un incidente con le mini moto.
Non faccio che sentire pugni allo stomaco.

La settimana scorsa gli attentati, le foto di salme piccole, avvolte nei teli termici, i giocattoli accanto.

Da quando ho Damiano mi sento estremamente vulnerabile di fronte a queste notizie.

E mi assale la paura. Riuscirò mai a proteggerlo come dovrei? Riuscirò a preservarlo dal dolore? E se ce la farò fino a quando?

Certi giorni mi domando se io non sia stata una egoista a portarlo in questo mondo che di sicuro non ha più nulla.

E allora lo abbraccio, con tutta la forza che ho fino a quando sento che dice "Mamma ahia".

Ma la paura resta, e certi giorni è insostenibile.

Come si fa?

venerdì 17 giugno 2016

Procida racconta

Lo scorso fine settimana sono stata a Procida. Lo scorso anno avrei voluto esserci, quest'anno, invece, ci sono stata. Chiara Gamberale ha organizzato un festival letterario in cui, ogni anno, 6 scrittori vanno a Procida e scrivono un racconto su un "procidano".
Tra gli scrittori di quest'anno c'era Massimo Gramellini, Simona Sparaco e Silvia Nucini. C'erano anche Nicola Lagioia, Errico buonanno e Francesco Pacifico (questi ultimi 3 non li conoscevo se non per sentito dire, ammetto la mia ignoranza).

Sono andata con mia madre e Damiano, e sono stata benissimo. Forse perché quando vai con lo spirito giusto in un posto vedi tutto migliore,  forse perché mi sentivo in vacanza, comunque siamo state molto bene. L'isola è stupenda, la gente anche. E poi ho finalmente conosciuto Chiara e Simona...e ne sono stata felicissima.

Devo ammettere che mi sono sentita molto molto molto quindicenne...però alla fine meglio sentirsi giovani che vecchi.
Durante la presentazione del libro di Chiara e di Gramellini ho voluto fare un intervento...ovviamente diverso dal solito "ma perché hai scritto questo? ma cosa intendi per..?" che a me interventi del genere fanno venire l'orticaria...insomma mi piace interpretare un testo e adattarlo alle emozioni del momento così come le canzoni (che poi travisi tutto chissenefrega) per cui non voglio nemmeno sapere del perché le virgole siano messe lì piuttosto che là...dicevo (solito volo pindarico dettato dalla saltuarietà con cui scrivo...) che ho voluto fare un intervento in cui, sostanzialmente, ho voluto esprimere la mia gratitudine a Chiara e a Gramellini...perché il primo libro che ho letto è stato "Avrò cura di te", seguito poi da "per dieci minuti", tutti gli altri, e poi "Adesso". La sequenza con cui ho letto questi libri ha segnato la mia ascesa emotiva... come se parallelemente alle letture fossero cambiate le mie emozioni, il mio modo di essere.

La scrittura, come la lettura, è terapeutica e io con queste letture (ma non solo con queste) sono guarita...e così ho voluto dirglielo. Certo, poi passi per la fan imbecille, o forse per l'esaltata mentale, o ancora forse  per una dissociata... ma pazienza. Meglio dirle le cose che tenerele dentro, meglio dichiare amore che stare in silenzio a covare pensieri che si tramutano in rancori.

Ho dovuto dirlo...e mi sono sentita così felice... pronunciando la frase "Il mio "Adesso" è la  condizione di ritrovata felicità" l'ho ribadito anche a me stessa, è stato liberatorio.

È partito pure un applauso...ho pensato che fosse il mio secondo di popolarità (chi era che diceva che ognuno di noi ha il suo momento di popolarità (tipo un secondo)? Bho, comunque mi devo essere giocata il mio).

La sera successiva, alla serata conclusiva, ho incontrato Simona e anche lì parole a profusione, ci siamo abbracciate e sapere che anche lei è stata felice di incontrarmi...ha scaldato il cuore.

È una potenza quella che si sprigiona in momenti come questi... lo dico da lettrice ovviamente. Io mi sono sentita guarita e felice. Felice, FELICE.

Come direbbe Damy "Beio beio (Bello, bello)".

Una coppia di ragazzi mi ha avvicinato l'ultima sera chiedendomi "Te sei quella dell'intervento di ieri vero?" (momento di popolarità che persiste...olè) "Bla bla bla bla" e poi la frase "Che carino, hai solo lui o hai altri figli?" e qui, signore e signori, il bivio che si apre...dico la verità o dico una bugia?

Verità. "No, ho un altro figlio che non c'è più, è stata la sua perdita il mio dolore e il mio periodo buio di cui parlavo ieri" " Ah... mi dispiace, però vabbhè, dai, ora hai lui", ecco che si scivola sul ghiaccio....yuppyyyyyyyy

Fine popolarità, inizio etichettatura "Porella, sfigatina".

L'abbraccio di Simona che mi dice "So di cosa parli, so come ti senti", il sorriso di Chiara, le parole di Gramellini... l'atmosfera dell'isola... tutto perfetto.


Anche l'aver detto la verità, che poi dico se non vuoi sapere non chiedi no? Se mi chiedi io ti dico... e prendi quello che viene (anche la faccia di merda con cui sei andata via mia cara coppia simpaticona).

Adesso sono felice. Il mio Adesso è così grande e ricco... che non riesco nemmeno a scriverlo. Però lo sento...specie quando dice "mamma!!!". W la vita.








Dimenticavo...leggete "Adesso" (C. Gamberale) ed "Equazione di un amore" (S. Sparaco)

giovedì 26 maggio 2016

Com'è che non riesci più a volare?

In questi giorni è uscito l'album di Cristiano De André, il singolo è una canzone di Faber, una delle mie preferite "canzone per l'estate". Capita, ascoltando le canzoni che ci si immedesimi proprio nelle frasi, nelle parole, che improvvisamente fai tue, te le cuci addosso.

Questa la ascoltavo in una delle mie fasi, non so nemmeno in quale, devo averla indossata in diverse fasi, magari una strofa per ogni periodo della vita.

Quando esce il sole mi sento più serena, credo che succeda a molte persone, in realtà, vabbhè, mettiamoci il sole, mettiamo in sottofondo questa canzone e TAC, il cervello parte, i pensieri girano e le mani scrivono, di getto, come sempre peraltro.

Sento di aver tralasciato molto questo mio spazio privato, vuoi gli impegni di lavoro che mi tengono in pressing, vuoi le cose da fare (lavatrici, gatti, gattini da smistare, figlio, casa, acquario ecc..), vuoi il bisogno di fare semplicemente altro.

Eppure questo spazio, questo foglio bianco che si tinge di parole improvvise, sentite e personali...quanto mi piace.  Continuo a partire da una parte e a fare i voli pindarici...dicevo, il sole, la canzone, i pensieri.

Ho fatto un paio di cene in queste settimane, era da molto che non  ne facevamo, ho invitato gli amici, quelli di sempre, quelli che sento ed ho sempre sentito accanto, quelli che per forze di cose si sono allontanati. Mio malgrado, o forse non sono riuscita a tenere la colla...non so.
Mi sono resa conto comunque che le cose per farle funzionare bisogna reggerle da ambo i lati, che da sole non si tengono e tanto meno se si vuole tenerle in piedi solo da una parte. E questa parte che regge non sono stata io. Per cui non mi metto dalla parte della vittima, sia chiaro. Mi assumo le responsabilità delle mie azioni.

La mia amica mi ha detto che se non ci vediamo più "è perché voi non uscite più", lama fredda che entra, lama calda che esce. Ha ragione. Mi rendo conto che spesso dico "Non possiamo", ci sono i turni di Andrea con i quali faccio i conti tutti i fine settimana, c'è damy che è piccolo e rompe le palle, c'è che le nonne sono lontane o sono stanche, c'è che forse non abbiamo avuto voglia di uscire. Ma vallo a spiegare. Vaglielo a spiegare alla gente quello che hai passato, quello che hai ricostruito come persona, come donna dopo essere diventata madre, come coppia dopo che siete stati frantumati.

Vallo a dire a te stessa che semplicemente non sei quella di prima. Che i sabato sera a casa ti piacciono. Che semplicemente ti senti fuori luogo nelle situazioni in cui ti trovavi prima e che ora ti danno anche fastidio. Così se una parte di me sente il peso di questa differenza l'altra se ne compiace e prova un senso di liberazione.

L'altro giorno ho sentito telefonicamente un amico di mio padre, una persona che ha fatto parte della nostra vita da sempre e che, dopo la morte di papà, si è allontanata per il dolore che provava, non è riuscito a venire nemmeno al funerale, poi è stato anche male e quindi...così. Ci siamo sentiti e per me è stato un tuffo nel passato, nel quale ho trovato conforto mi sono bagnata dei ricordi che pian piano riaffioravano, ed ho sentito che davvero sono riuscita a ricollocare tutto, senza dolore, senza paura ma con una consapevolezza enorme. Ci siamo salutati con la promessa che presto ci saremmo rivisti, prima di chiudere la telefonata mi ha detto di essere felice di vedere come sono diventata, che mi ha trovato culturalmente ed emotivamente cresciuta, e che la telefonata è stata terapeutica per lui. Quel che non sa è che lo è stata anche per me. Gli ho ripetuto la frase che scrissi nei biglietti post matrimonio, quando agli invitati ho dato le foto che avevamo fatto, la frase dice "Il ricordo è un modo di incontrarsi" (K. Gibran).

Forse è proprio nei ricordi che devo ritrovare alcune persone, e lasciarle lì che nel presente non hanno più collocazione perché non sempre si cresce allo stesso modo, semplicemente non siamo tutti uguali...

Con le tue finestre aperte sulla strada e gli occhi chiusi sulla gente
con la tua tranquillità, lucidità, soddisfazione permanente
la tua coda di ricambio
le tue nuvole in affitto
le tue rondini di guardia sopra il tetto
Com'è che non riesci più a volare?




venerdì 29 aprile 2016

Su fb e vecchi amici

Quanto puoi conoscere di chi sfiora la tua vita? Me lo sono domandato ieri dopo aver "curiosato" su fb (che diciamolo fb è davvero uno strumento di cazzeggio potente), esistono persone che non sono registrate, sono poche, io le chiamo le "persone pure e intelligenti", poi ci sono quelle che hanno 3000 amici che più nei hai e più sei uno che "conta", poi quelle come me che hanno solo le persone che conoscono, che non accettano amicizie di gente che nemmeno si presenta e che spesso sono contente che "tizio" abbia accettato la richiesta di amicizia "Ciao, come stai?, tutto bene? sposato? figli? lavoro? bene" e poi finisce lì a impolverarsi tra i nomi, o se va peggio lo stesso tizio ti toglie l'amicizia dopo un po' e quando te ne accorgi resti con un punto interrogativo grande come una casa. Va bhe tizio, evidentemente era solo buona educazione prima, ma ora certo che ora sei stato un pochino cafone. Ma fa nulla. Sono abituata.

Io sono sempre quella del "ciao ti ricordi di me?" e la risposta spesso è "no". Per cui, se sei abituata a queste figure puoi accettare anche che le cose vadano così e basta. Che poi sono campionessa nell'accettazione delle decisioni altrui.

Da dove ero partita? Ah sì, del cazzeggio su fb delle persone che sfiorano la tua vita. Per quelle che sfiorano intendo quelle con cui magari lavoro, che conosco da anni e con cui oltre a qualche incontro c'è solo uno scambio epistolare sui lavori da fare. Insomma cazzeggi cazzeggi e cosa scopri? Che quelle che sembravano persone decise, forti, perfette. In realtà nascondono vulnerabilità, che forse così perfette non sono.

Che spesso sono appassionate di scrittura, che gestiscono blog, di cucina, di racconti... e allora davvero il mondo è piccolo...davvero siamo tutti uguali. Se poi scopro che hanno un gatto allora mi stanno anche più simpatiche.

La scorsa settimana c'è stata una cena di classe, in realtà eravamo pochi ma siamo stati bene. Complice il rientro in città di quello 'famoso' della classe, del Vip. Scrivo così perché davvero lo è, o quanto meno sicuramente più del mio anonimato, che se la cassiera mi saluta sono pure contenta.

Ho notato che nonostante ci si avvicini ai 40...cavolo, siamo esattamente come 20 anni fa. Solo più vecchi, più intaccati e smussati. Ma davvero ho ritrovato in ognuno di loro l'adolescente che lo aveva abitato. In questa analisi chiaramente c'è spazio anche per la me di ieri, che molto si avvicina a quella di oggi... e questo non è un bene. Insomma rompipalle all'epoca e ancora oggi nulla è cambiato.

Bisognerebbe farne di più di queste cene, sia per ridere delle cazzate che facevi a 15 anni, sia per renderti conto di quanto era bello avere 15 anni. Oppure fai un giro su fb di quelli che ti hanno tolto l'amicizia...e capisci perché l'hanno fatto, perché non sopporterebbero le critiche che muoveresti loro, esattamente come 20 anni fa.

E allora ti viene da ridere, ma non  a te, all'adolescente con l'apparecchio ai denti che abita in un angolo e che ogni tanto spinge perché tu possa ricordare ciò che altrimenti scorderesti.


giovedì 21 aprile 2016

Immagina di dare un senso...a tutto

Che io sia rinata dal mio dolore è cosa detta e ridetta. Che scrivere mi abbia aiutata a superare, ad andare oltre, anche.

Quello che non sapete, o almeno non tutti, è che a completamento del mio breve percorso da Chiara, quest'ultima mi disse che avrei dovuto partecipare al concorso di Ciao Lapo. Si tratta del concorso "le parole dell'amore" che la stessa associazione fa ogni anno, e al quale non sono mai riuscita a partecipare, non perché non sapessi cosa scrivere...ma perché ciò che volevo portare era davvero doloroso da ripercorrere. Alla fine sono riuscita a farlo, il giorno prima del termine, ho inviato tutto, ho avvisato Chiara e mi sono sentita brava per aver terminato i compiti.

L'altra settimana sono usciti i vincitori e non ho vinto.

È andata ancora meglio. Il mio scritto, che molti di voi conosco per bene, ha vinto la menzione speciale, ovvero verrà pubblicato da solo.
Io, Alby e tutte le persone, tutte le emozioni del mio vecchio blog, tagliato, sistemato e aggiustato, diventerà una pubblicazione. Sì perché ho vinto con il vecchio blog, quello che si chiamava "Giorno dopo giorno". Quello che ho cominciato a scrivere il giorno 6.

Sono felice. Sia perché sono riuscita a rileggerlo e a ripercorrere quei giorni (e vi giuro che è stato molto difficile...non vi dico i pianti che mi sono fatta, va bhe che sono "lacrima facile" però...) sia perché diventerà uno strumento utile per chi, si troverà ad affrontare quello che ho vissuto, e alla fine di tutto sapere che quello che hai vissuto possa in qualche modo essere di aiuto ad altri...bhe ripaga davvero, lenisce e attutisce tutto.

Non si tratta di una consolazione, ma di gratitudine verso la me che ero. È come se si fosse chiuso un cerchio...come se avessi trovato dsavvero il posto giusto per le emozioni. Mio padre sarebbe felicissimo e se questo mi rattrista in qualche modo mi rende orgogliosa.

Ma la gratitudine va anche a tutte quelle persone che hanno camminato con me, a tutte quelle che ancora oggi ho accanto. Perché le storie da sole non si fanno, i monologhi sono noiosi, le storie, la vita, si fanno insieme. E grazie anche a tanti di voi, il nome di Alby sarà eterno e anche la me che ero e che sono diventata.



martedì 22 marzo 2016

Sotto questo cielo

Sotto questo cielo oggi succede di tutto...oggi a Bruxelles le bombe, gli attentati,  si proclama un Dio e lo si fa facendo scorrere sangue, cristiano, ateo, occidentale.  Poi la schiera di quelli che urlano "A casa!! non fateli entrare! ecco cosa fanno!!", simultanemente si vede la foto di quel bambino africano sbarcato con vestiti eleganti, perché la mamma gli aveva detto di vestirsi bene, che l'arrivo sarebbe stato un giorno di festa, l'inizio di una nuova vita.


Sotto questo cielo, sento di quella nonna uscita con la nipote di 18 mesi che non ha fatto ritorno a casa...le hanno ritrovate in un canalone dopo una notte passata in ipotermia,  la  bimba è stata operata ora è in gravi condizioni. Sembra che la donna soffrisse di alzheimer, ma non è certo.

Vedo le immagini del pulmann capovolto, quello dove sono morte 7 ragazze italiane, in Spagna con il progetto Erasmus dell'Università. Leggo di quella donna uccisa dal marito, una nuova donna uccisa.
Penso a quelle mie amiche che vivono in condizioni analoghe, con i mariti capaci di violenza verbale e fisica, penso a quanto sia difficile doversi fare forza  ogni mattina per alcune di loro, per quelle che stanno riuscendo a separarsi, per quelle che hanno cresciuto il figlio da sole, per quelle che stanno cercando di ricostruirsi e rimettere in discussione se stessi e accettare che si è sposati uno stronzo.

Penso alla mia amica che ieri ha dovuto partorire il suo secondogenito a 19 settimane...ha salutato il suo bellissimo angelo, mentre io e le altre amiche cercavamo di darle conforto sapendo benissimo che il conforto non esiste, che è sola e lo sarà nei prossimi giorni, quando si renderà chiaro tutto quello che è successo  e i contorni della vicenda saranno ben definiti. E il suo dolore...quello lo conosco e cerco di scappare quando lo avverto.

Sotto questo cielo mi sento impotente. A volte rendersi conto di ciò che davvero ci circonda ti fa spaventare a tal punto che ti rifugi in ciò che è futile e leggero, come una trasmissione che trasmettono in televisione, una di quelle che guardi con il cervello in modalità off.

Eppure... sotto questo cielo c'è ancora speranza.

Quella di due amiche che stanno aspettando il risultato della Fivet fatta qualche giorno fa, c'è il figlio dei miei amici che sta reagendo bene e che oggi ho visto per foto ed è bellissimo, ci sono quelle mie amiche che ce la faranno, a lasciare i mariti che le feriscono, e a ricostruirsi. Ci saranno ancora bambini che cresceranno con un solo genitore, o con due, magari dello stesso stesso. Sotto questo cielo c'è ancora la voglia di credere che il mondo non sia fatto solo da pazzi estremisti, non sia solo morte.

Sotto questo cielo c'è ancora vita, c'è ancora amore. Spengo la TV spazzatura, apro gli occhi, e accendo il cuore.








mercoledì 16 marzo 2016

I percorsi e i disegni divini

Ho sempre detto che credo nel destino, nel disegno divino. Credo anche al libero arbitrio ma questo segue una via precisa e di tuo, puoi decidere poco, ci sarà sempre una sovrastruttura a guidarti, sia essa creata dai legami, dalla famiglia o solo dal modo di pensare di ognuno di noi.

Ho cercato di vedere e dare una spiegazione ad ogni evento, cercare di vedere il bicchiere mezzo pieno, anche quando era vuoto e c'era ben poca acqua da valutare.

Eppure ci sono volte che mi risulta davvero difficile, come oggi. Stanno rioperando il figlio dei miei cari amici, e sento un peso sull'anima...così grave che non riesco a vedere nemmeno il bicchiere.

In queste ultime settimane ho vissuto per osmosi la loro vicenda, cercando di stargli accanto come potevo e non so nemmeno quanto ci sia riuscita, quanto sia stata pressante e invadente, quando forse sarei dovuta stare zitta in un angolo. Ho fatto quello che sentivo ed ora sono qui a pormi domande, ancora una volta, sul perché la vita sia così difficile.

Hanno scritto libri interi sulla vita, ma a me risulta davvero faticoso accettare il dolore degli altri, perché purtroppo o per fortuna lo faccio mio, e a volte sento che mi manca il respiro.

A questa vicenda si aggiunge uno stress lavorativo dettato da una gara pubblica che probabilmente non vinceremo, perché a quanto pare "stiamo sul cazzo". E l'Italia va così, lo sappiamo bene tutti. La meritocrazia non esiste, non è mai esistita, esiste la famosa "leccata di culo", con quella puoi raggiungere la Luna. E quindi, da ansiosa e tragicomica come sono vedo tutto nero, mi vedo già alla ricerca di un nuovo lavoro come se questa perdita segnasse la fine dell'azienda.

Che poi so benissimo che non è così, ma come ho detto, ridetto mille e mille volte, il cambiamento spaventa, e l'idea di chiudere un altro periodo mi rompe proprio le palle. Sì, credo di avere le palle piene di questi cambiamenti, di questi adattamenti dettati sempre dagli altri. E che cavolo.

Per fare una similitudine mi sento dentro a un barattolo basso, dal quale potrei uscire allungando un braccio, ma faccio fatica ad alzarlo, sono come intorpidita.

Quando nasce un figlio è vero che si cambia, e che cambiano le priorità, cambia proprio il modo di pensare. Lui è la priorità, il suo benessere, la sua felicità prima di tutto. È un processo istintivo e per quanti psicologi, per quante persone intelligenti tu possa incontrare che ti ripeteranno sempre che "no, non deve venire prima di tutto", non sarà mai così. E quando saprai di altri bambini che stanno male, che muoiono, magari in mezzo al mare perché i genitori stavano cercando la salvezza, allora sentirai ogni volta un pugno allo stomaco che ti toglierà il respiro, e il sonno.

Per una fragile e sensibile come me, insomma, è un bel casino. 

Mi scuso per i toni poco educati di questo post, ma come al solito sto scrivendo di getto...e mi sto sfogando, con i francesismi che mi caratterizzano (chi mi conosce sa bene come sono fatta).

Spero di arrivare in piedi alla fine di questa giornata e di questa settimana, devo necessariamente proiettarmi sul presente. Che il passato è ingombrante e il futuro mi fa venire le vertigini.






giovedì 10 marzo 2016

Tra vecchie mail e disordine

Ho cambiato computer da un mese, nel farlo ho deciso di non importare il vecchio computer sul nuovo (uso un mac e si può fare la migrazione da un mac ad un altro), ho fatto quindi la scelta di ripartire da zero, soprattutto per le mail, ho importato solo quelle importanti, selezionando, e scartando blocchi interi di corrispondenza....(avevo 42Gb di mail tanto per capire).

Vabbè, e allora? Allora sono ripartita. Mi rendo conto che per molti questa cosa non ha senso ma per me, ovviamente sì. Tra le mail importanti ho racchiuso in una cartellina tutte quelle di papà, anche quelle sceme in cui magari mi diceva solo "ho trovato questo, guarda un po'".

Però, da brava casinara quale sono, una parte di mail sono rimaste nel vecchio mac e quindi, se mi manca qualcosa devo andare a prenderle lì, e tra il cerca mittente, ordina per data ecc... ho ritrovato mail delle persone che mi scrissero dopo la lettera che venne pubblicata su la Repubblica, le ho rilette tutte...e ho provato un misto di gioia e tenerezza, per quello che ero io in quei giorni, per il cammino fatto, per la sensazione di fragilità che provo nel rileggermi, avvolta com'ero in quel dolore difficile da toccare, e ancora così vivo dentro.

In questi giorni mi sento emotivamente fragile perché due miei cari amici hanno avuto il loro secondo bimbo che purtroppo ha un problema al cuore e dovrà essere operato...e quindi l'attesa di questa gravidanza, la nascita, la preoccupazione...non so mi ha proiettato in una dimensione astratta, dove il confine tra la gioia e la paura è davvero labile. E io che ho sempre decantato e richiesto empatia dagli altri mi sono resa conto di essere paralizzata, inerme ad affrontare quello altrui.

Forse il continuo mettersi in discussione aiuta a capire, ad accettare...non lo so. Davvero, credevo, credo (?) di conoscere bene me stessa e invece forse ci sono aspetti che devo ancora decifrare, forse è giusto così, forse fa solo parte del percorso di rinascita.

Quanti angoli dovrò ancora smussare...quanto cambiare...per poi accorgermi di essere sempre io.

Quella che non tiene ordine nella casella delle mail, nemmeno sulla scrivania e forse nemmeno nel cuore.



mercoledì 17 febbraio 2016

seguire i propri sogni

La prima volta che scambiai delle parole con Simona era al palazzo delle segreterie, alla Sapienza, ricordo come fosse ieri che mentre parlavamo le dissi "Hai un viso conosciuto, mi sa che ci siamo già viste", e lei, con quel sorriso che la caratterizza, rispose "Perché ho una faccia banale!!".

Simona ha frequentato il primo anno di università insieme a me e a Valentina. Poi decise di fare altro e si mise a lavorare nel mondo del turismo, forte del fatto che era capace di parlare le lingue, la sua simpatia e spontaneità le avrebbero dato ragione.

Valentina invece a un certo punto conobbe un mezzo santone vegano e decise di non avere più rapporti con me perché la pensavo in maniera diversa, e ciò che per il resto del mondo si può chiamare tolleranza, lei e il suo mezzo uomo narciso preferiscono chiamarla "Ciaone".

Sono passati diversi anni, grazie a fb eravamo ritornate in contatto, ci siamo anche riviste. Simona è una di quelle persone che anche se passano gli anni, resta uguale. Immutata. Sorriso solare, voglia di vivere e simpatia mescolata a quel suo essere acqua e sapone che permette alle persone di restare belle. Poi è successo il CRAC, io che vedo frantumare i sogni, io che inizio ad incassare dolori, e, incapace di saperli gestire, taglio i ponti con tante persone, lei compresa.

Mi sono interrogata molto su questo aspetto, e ad oggi l'unica spiegazione che trovo è che quando stai male non puoi trovare conforto in niente e facilmente si riesce a travisare. Ciò che per molti era silenzio di rispetto per me era menefreghismo, ciò che era forse incapacità di agire, per me era assenza. Ma delle miei azioni ho preso ed accettato le conseguenze e non rinnego nulla, perché vorrebbe dire non aver ascoltato ciò che urlava in quel momento e che chiedeva sollievo.

Le azioni le paghi è vero, ma ad alcune puoi porre rimedio. Così man mano che ho cominciato a vedere nuovamente le cose per quello che realmente erano, man mano che accettavo la condizione nuova della mia vita, ho riallacciato i rapporti con alcune persone che rappresentavano il passato, la gioia, la vita del PRIMA.

Tra queste ho ricontattato Simona, proprio a inizio mese. Abbiamo chattato un po', mi ha detto che era in Malesia, ho pensato inizialmente che fosse per un viaggio di piacere e non ho chiesto nulla. Questa mattina mi sono imbattuta in questo articolo:




http://www.tpi.it/mondo/italia/coppia-itialiani-giro-mondo-in-bicicletta

L'immagine di copertina mi ricordava la faccia "banale" di Simona. Leggendo... era proprio lei.

Dalla sua passione per gli sport,  la sua voglia di viaggiare, la sua solarità... al mettere in pratica un'azione di coraggio e di riscoperta.  La notizia mi ha fatto davvero piacere, e ho capito che è davvero il coraggio di fare ciò che credi a fare la differenza.

Ora seguirò questo suo viaggio, attraverso i suoi report https://www.facebook.com/becycling.net/?fref=ts 

Insomma....questa notizia, mi ha messo il buon'umore. Sai cosa Simona? Di banale non hai proprio nulla... e quel sorriso... devo ricordarmi più spesso di indossarlo anche io, chissà che non mi aiuti ad essere meno pessimista! Buon viaggio amica ritrovata.


lunedì 15 febbraio 2016

Quando si sbaglia con i figli

So che avevo detto che non sarei stata una di quelle che parlano di figli... ma lui fa parte di me, amato, desiderato, e non posso dimenticarmi di essere anche madre.

Questa mattina ho dato una schiaffo alla coscia sinistra di Damy. L'ho fatto. Lui ha pianto...in realtà piangeva anche prima che glielo dessi...ma mi ha guardato e ha strillato più forte.
Si dice che i bambini quando siano verso i due anni siano nei famosi "terrible two". In pratica il bambino sorridente felice e paffuto si trasforma in uno spocchioso adulto in versione mini che pretende cose assurde, strillando e piangendo per ogni cosa.

Questa mattina ho osato vestirlo. Togliendo il pigiama di Humpty Dumpty.

1) Prima ho provato a mettergli la tuta verde, "dai Damy, la tuta verde, come Hulk!! ", "Nooooooo, etta VIAAAAAAAA, AAAAAAHHHHHHH".
2) Quindi l'ho portato in camera sua e gli ho fatto scegliere la maglietta. Sui pantaloni eravamo ancora in discussione, mi chiedeva quelli di Orso, che non ho nemmeno a inventarmene.
3) Gli ho messo quelli grigi, "dai damy, questi sono grigi bellissimi", "NOOOOOOOOOOO AHHHHHHHH VIAAAAAAA AHHHHHHHH
4) Con calma, giuro, ho messo quelli blu, "Dai Damy, questi sono blu come i pantaloni di Capitan America", "NOOOOOOOOO VIAAAAAAA AHHHHHHA AHAHAHAH AHHHHH VIAAAA"
5) Ho sbroccato.
6) "Damyyyyyyyy BASTAAAAAAAAAAAA ora ti metti questi pantaloni blu bellissimi e la smetti di rompere" "NOOOO VIAAAAA" "SCHIAFFF" uno schiaffo stampato suilla coscia paffuta sinistra. Mi ha guardato come se lo avesi tradito, con le lacrime che gli strabordavano dagli occhioni neri. Mi sono sentita una merda. Ma ero davvero esaurita.
7) vestito, sistemato l'ho mandato in giro per casa mentre finivo di prendere le cose, lo sentivo che faceva "SNIF, snif" con il naso. E ho provato una tenerezza incredibile mentre il mio senso di colpa mi divorava.

Si è fatto mettere la giacca, ha camminato da solo fino alla macchina. Mi sono abbassata e l'ho guardato negli occhi, ci siamo abbracciati. Lui ha ricominciato a sorridere e a parlare in damianesco sull'evoluzione del mondo, a partire da Hulk per terminare con Iron man che vola nel cielo.

Arrivati al nido, prima di scendere dalla macchina mi ha guardato e mi ha detto " mamma bua qui" indicando la coscia. Mi ha fissato negli occhi ed è sceso, tranquillo. Oggi si è fatto mettere anche il grmbiule senza storie, mi ha abbracciato ed è corso verso l'interno, al suo lavoro da bambino.

A me è restata una grande lezione, avvolta nel senso di colpa più grande che si possa provare.

Certo, le mani non vanno alzate, certo strillare non serve a nulla. Certo, lo so bene, i miei mi hanno dato, che io ricordi 2 schiaffoni e basta, e ancora me li ricordo. Ed ero anche grande.

Saranno  i terrible two, ma questo nano mi ha in pugno. E io ora vado a cercare i pantaloni di orso. A costo di crearli.





lunedì 25 gennaio 2016

Facciamo amicizia?

Da grandi è diffcile fare amicizia. Puoi contare sulla punta delle dita pochi, pochissimi amici veri.
Gli amici veri sono quelli che anche se vedi poco sono lì, fanno parte della tua catena d'amore, ti sorreggono quando serve, semplicemente ci sono.

Però si diventa grandi, magari non puoi uscire con la tua migliore amica quanto e come vorresti, mettici che hai pure un figlio piccolo, e questo basta per ridurre di molto la tua libertà, facile dire "bhe ma dai, lo lasci ed esci!" o ancora "bhe portatelo dietro no?". No.

1) si innescano dinamiche pesanti sui sensi di colpa, sia in un verso, sia nell'altro;
2) a volte vorresti perfino dimenticare chi sei e cosa sei diventata, perché ricordarmelo?
3) c'è un tempo per ogni cosa.

Va bhe, comunque non puoi fare come prima, anche se non hai un figlio al seguito, magari fate lavori diversi, magari siete in città diverse.

La mia professoressa di matematica delle medie, la cattivissima C. di natali partenopei, mi disse una volta che "esistono varie amicizie", quella per il cinema, quella per il teatro, quella per il caffè. Difficilmente troverai una persona che sia pari pari a te, più facile trovarne diverse con attitudini e abitudini simili.


Fatto sta che spesso mi ritrovo con Pedro e Ronnie a farmi una tisana, l'ho proposta a Damy ma con scarsi risultati. Allora pensavo, ed è stato un pensiero cretino...ora lo ammetto... "Damy andrà all'asilo, ti pare che non conosco nessuno di nuovo? Qualcuno di interessante là fuori, da aggiungere ai miei contatti dovrà pur esserci". No.

Ci sono stereotipi che non hanno nulla di simile a me. Sia solo un "buongiorno" quando ti incontro nell'atrio. Damiano va ad un asilo snob, popolato da gente snob/non-snob ma sciocca.

Quelle snob sono le autoctone, con il suv, il capello perfetto, che non salutano.
Quelle non snob-sciocche, non sono autoctone, hanno il capello un po' così (ma sempre meglio del mio): c'è quella di Tiburtino terzo, c'è quella del sud che malinconicamente parla della sua terra e ti elenca le malattie che crede possa avere la figlia perché qui non c'è il mare (come a casa sua, lì sì che si sta bene), e quella che tira fuori le tette per allattare pure quando si è alla dimostrazione di musica e i bambini ballano (il suo batteva il ritmo in orizzontale, appeso alla madre).

Insomma: la disperazione.


Anzi no, ho fatto amicizia con diversi nonni. Ecco, quelli sono simpatici e mi fanno tenerezza mentre cercano di spiegare ai nipoti che si devono mettere il cappello perché fuori fa freddo. I nonni dell'asilo snob sono brave persone, e sono simpatiche.

Ma guidano la Panda...bianca. Non c'è speranza







sabato 23 gennaio 2016

Di storie

Un blog è un'istantanea di quello che vuoi dire, ciò che pensi prende forma e lo spari al mondo, con parole che di getto butti giù.

Ci sono miliardi di blog nel mondo.
Il mio è uno dei tanti, nato per esigenze personali, si è trasformato ed è diventato una sorta di diario in cui annoverare i pensieri del momento, spesso tristi. Perché fondamentalmanete sono una "crepuscolare".

Tuttavia, dato che è vero che "Todo Cambia", vorrei modificare il mio o dargli una sorta di "linee guida", questo perché altrimenti risulta caotico, e senza senso, forse come me.

Allora mi sono domandata: "Ok, di che parliamo?" (perché quando mi rivolgo a me stessa lo faccio sempre al plurale, non per valore nobiliare ma perché parlo a me e alle mie tante sfaccettature, a Jacopa e all'omino del cervello). Risposta: "Non so".

Ci sono i blog delle "mamme felici", e non li sopporto. I blog "delle mamme" in genere non li tollero...e non perché sia contro la maternità, sia chiaro, ma perché non mi piacciono..."sono mamma, faccio questo, puoi farlo anche te, faccio quest'altro, puoi farlo anche te".

Un po' come quando vai dal parrucchiere, quello con tre spazzolate fa sembrare i tuoi capelli "domabili", poi vai a casa ec ol cavolo che riesci a rifare quella spazzolata che sembrava facile. Per cui, per partito preso, non posso far diventare il mio blog di questo tipo.

Che poi ci sarebbe ancora da dire...insomma io la mia maternità l'ho cercata, sudata e ora che ce l'ho che devo dire? che devo fare? devo mostrare al mondo che avere un figlio ti ripaga?

Anche no.

Preferisco fare quella contro-corrente. Forse proprio perché per arrivarci ho faticato tanto, o forse perché sono una ribelle-inside (solo inside e ben nascosta)...parlerò, come ho sempre fatto, della vita di una quasi 37-enne (passano gli anni eh?) mettendo in luce ciò che spesso gli altri non dicono della maternità, del lavoro autonomo, dell'essere moglie di uno che fa i turni, delle amicizie che cambiano, dell'insoddisfazione, della famiglia, degli animali.

In pratica, come al solito.

Parlare di cose tristi mi viene  più naturale che parlare di altro... ma sinceramente mi sarei anche un pochino.,. come dire...stufata.

Ma la vera domanda è, come sento alla radio da qualche giorno: Ora che hai scritto la storia della tua vita c'è qualcuno disposto ad ascoltarla?